Uscendo dalla Grande Russia
Per raggiungere la frontiera con la Lettonia abbiamo guidato sei volte l’Italia! E se qualcuno volesse proseguire fino a Vladivostok… deve solo aggiungerne altre sei.
È una terra immensa, la Russia, e ogni regione cambia volto come se appartenesse a un mondo a sé: pianure infinite, foreste fitte, laghi che sembrano mari, e villaggi di legno che si affacciano sulla strada come sospesi nel tempo.
La M11 prima e poi la E95 si snodano tra paesaggi silenziosi, quasi ipnotici. Le betulle accompagnano il viaggio per chilometri, mentre piccoli corsi d’acqua e laghetti riflettono un cielo basso e carico di nuvole.
La strada, larga e scorrevole, alterna tratti di autostrada moderna a sezioni più rurali, dove i camion si trascinano lentamente tra i dossi.
Le stazioni di servizio sono rare, ma sempre ordinate, con piccoli chioschi che vendono tè caldo e pirožki.
Ci è piaciuta la Russia?
Sì. Molto.

Mai una volta ci siamo sentiti a disagio nel fermarci nei boschi o a dormire a lato strada. Mai la sensazione di pericolo o invadenza. Persino nelle metropolitane, dense e profonde, non ho mai pensato di dover proteggere marsupio o zaino.
Qui, ognuno sembra sapere esattamente qual è il proprio spazio.
A San Pietroburgo abbiamo goduto di momenti intensi: la città è un museo a cielo aperto. Gli imponenti palazzi barocchi e neoclassici, le prospettive ordinate, i canali che la attraversano — tutto parla di grandezza e di un passato imperiale che ancora si respira.
La crociera notturna sulla Neva, con i ponti che si aprono e il riflesso delle luci sull’acqua, è la degna conclusione di un viaggio che unisce avventura e poesia.
Poi la strada verso ovest, verso il confine lettone. Questa è stata la soluzione che abbiamo adottato dopo la chiusura delle frontiere dalla Bielorussia con la Polonia. Usciamo da una piccola stazione di nome Ubilinka.
La dogana è relativamente vicina: arriviamo verso le 17, trovando una coda impressionante di TIR. Li superiamo e arriviamo a una piccola sbarra dove paghiamo una tassa di 300 rubli — appena tre euro.
Qui incontriamo un lituano appassionato di viaggi estremi, reduce da un tour nella tundra per visitare il cratere di un meteorite. Dodicimila chilometri, giusto per “fare un giro”.
Ecco cosa ci racconta: per risalire il territorio in questo periodo si puo’ fare solo con una canoa gonfiabile… ho tutto nel mio furgone… Poi un camion da cava mi ha dato un passaggio per rientrare facendomi risparmiare 2/300 km!
Non ne avevo mai sentito parlare, eppure è lì da trentacinque milioni di anni, un colpo arrivato dallo spazio che ha cambiato il volto della Siberia.
Un meteorite grande come una città si è schiantato a oltre venti chilometri al secondo, liberando un’energia capace di cancellare tutto ciò che c’era intorno per centinaia di chilometri.
L’impatto ha creato un anello di montagne perfetto, cento chilometri di diametro, visibile solo dall’alto, come una cicatrice immensa sulla pelle della terra.
Dicono che sotto quelle rocce ci siano diamanti nati dal fuoco dell’impatto, milioni di minuscole gemme formate dalla grafite schiacciata e fusa in un istante.
Non i diamanti che si mettono al dito, ma quelli duri, tecnici, di un’altra natura — come se la Terra avesse voluto ricordare la violenza di quell’incontro lasciandone un segno indelebile.
Oggi il cratere è ai confini tra la Jacuzia e il Territorio di Krasnojarsk.
Non ci sono strade vere, solo piste di terra che si perdono nella tundra.

Torniamo a noi e alle nostre beghe doganali…
I controlli doganali sono lunghi, minuziosi, quasi teatrali. La Fenice è un piccolo laboratorio su ruote: ogni vano pieno, ogni cassetta etichettata, ogni centimetro sfruttato.
Attrezzi da lavoro, utensili, funi, resine, ricambi, medicine, persino il cane antidroga ha ispezionato la cabina più di una volta.
Alla fine, sei ore dopo, mi lasciano passare.
Dall’altra parte, in Lettonia, solo un’occhiata veloce… e una multa da 55 euro per la revisione scaduta da dieci anni. Benvenuti nell’Unione Europea.
Sono le 23 quando usciamo.
Davanti a noi un grande piazzale pieno di autotreni. Apriamo le tende, accendiamo il riscaldamento e ceniamo con dei noodles caldi. Fuori fa freddo, ma dentro la Fenice c’è quella sensazione di casa, di traguardo.
Dopo dodici anni, centomila chilometri e una dozzina di Paesi attraversati, la Fenice torna a un passo dall’Europa.
Non mi emoziono facilmente, ma questa sera sì: questa sera sono orgoglioso.

Lettonia. L’inizio di una nuova avventura.

