
Fenice Expedition – Il Gulag 36 di Perm
Dal confine Asia-Europa al cuore della memoria sovietica
Ci svegliamo esattamente sul confine tra Asia ed Europa: mezza macchina a est, mezza a ovest!
Ho attraversato più volte l’Equatore nella mia vita, ma mai una linea meridiana così simbolica.
La Fenice mancava dal continente europeo dal 2013… e oggi, dopo migliaia di chilometri, è tornata.

Il cielo è plumbeo forse pioverà. Poco più avanti, un caffè improvvisato e un pieno di carburante: direzione nord-ovest, andiamo verso Perm.
Sono circa 450 chilometri di strada. All’inizio sembra quasi un’autostrada, ma presto si trasforma nella solita lingua d’asfalto irregolare.
La media oraria scende, ma la pazienza di chi viaggia via terra è infinita.
Il paesaggio cambia: colline, betulle e distese immense che sembrano non finire mai.
In un piccolo villaggio ci fermiamo per la consueta pausa. Qualcuno ci osserva curioso, altri non si accorgono nemmeno del nostro passaggio. Tra l’altro credo ci sia una festa di paese nel vicino centro sportivo.
Durante la giornata veniamo fermati tre volte dalla polizia russa.
Abbiamo imparato a leggere la scena: curiosità più che controllo.
Domande di rito — passaporto, patente, da dove venite, dove andate? — sempre con gentilezza, senza arroganza, senza giubbotti antiproiettile o tono militare.
Un modo diverso di intendere l’autorità.
Perm-36: il Gulag sopravvissuto

Arriviamo nel tardo pomeriggio al Gulag 36, poco fuori dalla città di Perm, ai margini degli Urali.
È uno dei luoghi più simbolici e rari dell’intero sistema sovietico dei campi di lavoro forzato:
l’unico lager rimasto intatto dopo la caduta dell’URSS.
Il Perm-36 fu costruito nel 1946, in piena epoca staliniana, come campo di lavoro per “nemici del popolo”.
Qui finirono oppositori politici, dissidenti, religiosi, spie presunte, ma anche scienziati e ingegneri che rifiutavano di collaborare col regime.
Molti di loro vennero costretti a lavorare in condizioni durissime: taglio del legname, costruzione di strade e ferrovie in Siberia, senza libertà né diritti.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, dopo la morte di Stalin, il campo continuò a esistere, ma con una funzione diversa:
ospitava i dissidenti politici e i membri dei movimenti per i diritti civili.
Tra i detenuti più noti ci furono anche membri del gruppo “Cronaca degli avvenimenti correnti”, intellettuali che documentavano le violazioni dei diritti umani in URSS.
Dopo la fine del sistema sovietico, Perm-36 fu trasformato in museo della memoria: un luogo dedicato a chi non è tornato.
Negli ultimi anni, però, il sito ha conosciuto momenti difficili:
le autorità locali hanno ridotto la gestione indipendente, cercando di rimuovere la memoria politica per renderlo un semplice “museo penale”.
Nonostante tutto, resta una tappa fondamentale per comprendere cosa sia stata davvero la macchina repressiva del gulag.
Ritorno alla quiete
Nel campo ci accolgono quattro persone, tutte premurose e appassionate.
Fanno il possibile per spiegarci la storia del luogo, tra baracche restaurate, torrette di guardia e filo spinato.
Il silenzio che aleggia tra quelle strutture parla più di qualunque parola.
Lasciamo il Gulag 36 con un misto di rispetto e turbamento.
Poco dopo troviamo un posto sulla riva di un grande fiume.
È pieno di auto e carrelli: sono tutti pescatori.
Mi avvicino curioso e scopro che pescano persici: robusti, colorati, identici ai nostri.

Ceniamo al tramonto in riva al lago, la luce si riflette sull’acqua ferma, la temperatura è perfetta.
È uno di quei momenti in cui il viaggio si ferma, anche solo per un attimo, e lascia spazio alla memoria.
Dati di viaggio
- Percorso: Stele Europa-Asia → Perm → Gulag 36
- Km percorsi: circa 450
- Coordinate Gulag 36: 58.067° N, 57.707° E
- Altitudine: 300 m
- Condizioni: Strade secondarie, frequenti controlli di polizia
- Note storiche: Ultimo campo sovietico di lavoro rimasto integro, oggi museo della memoria
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© Fenice Expedition – Alfio Lavazza