
Vologda
Vologda — Incontri e interferenze
Come sia finiti qua è singolare.
Quando intraprendi viaggi simili hai la necessità di recuperare informazioni che non trovi sulle guide.
Sui social ci sono diversi gruppi di italiani in Russia, e così conosco via web Alessio, un bergamasco che vive a Vologda, dove gestisce una caffetteria: Stories. Ci scriviamo da tempo per questioni doganali.
Mi ero promesso: “Se riesco, passo a trovarti.” E facciamoli quei 400 km in piu’!
La curiosità di fare quattro chiacchiere con chi si è trasferito in posti così diversi dai nostri è sempre molta.
Alessio vive ormai da qualche anno con una signora russa di Mosca, Margot. Il suo racconto di vita fuori dall’Italia mi incuriosisce molto.

Yaroslavl e la difesa elettronica
Prima di incontrarlo passiamo da Yaroslavl.
Qui, per la prima volta, capiamo davvero cosa significhi difesa elettronica con jammer.
Ero fermo… eppure il navigatore segnava 100 km/h!
Appena ci avviciniamo al centro, il GPS impazzisce completamente.
Davanti a noi, un camion lungo più di dodici metri trasporta una batteria di missili pronta al lancio.
È un bel casino non avere una cartina dettagliata: ci mettiamo un po’ a riprendere la giusta direzione.
Anche la bussola fluxgate dà i numeri, in maniera ciclica… nemmeno con una navigazione inerziale un drone potrebbe arrivare con precisione.
vi riporto un articolo esplicativo di qualche giorno dopo il nostro passaggio…
“La raffineria di Yaroslavl ha un ruolo strategico: rifornisce di carburante la Russia centrale e fornisce prodotti anche alle unità militari. Un danneggiamento prolungato dell’unità VT-6 potrebbe avere effetti significativi sul mercato interno dei carburanti. L’impianto, con una capacità annua di circa 15 milioni di tonnellate di greggio, è la più grande raffineria della Russia settentrionale e la quinta del Paese. Non è la prima volta che finisce al centro delle cronache: a gennaio 2024 era stata presa di mira da un attacco ucraino nell’ambito della campagna di Kiev contro le infrastrutture energetiche russe”.

Sul Volga
Visitiamo una bella cattedrale e un piccolo museo privato di strumenti musicali.
Poi arriviamo sulle rive del Volga, incredibilmente grande e tranquillo, con battelli che lo solcano in entrambe le direzioni.
È un’immagine che resta impressa: calma, forza, spazio infinito.
Riprendiamo la strada — la M8, che non è malvagia — e arriviamo finalmente in centro a Vologda.
Alessio ci viene incontro con il sorriso, e dopo le prime strette di mano finiamo in un sushi bar dove ceniamo insieme, raccontandoci un po’ di tutto: la Russia, i viaggi, la vita lontano da casa.
Poi ci invita nel suo piazzale, dove apriamo le tende e ci mettiamo in modalità sonno.
Domani, ci aspetta una colazione russa nel suo locale!

I nostri mezzi nel parcheggio della casa di Alessio.
Caffetteria “Stories” — il rifugio del viaggiatore
La vera sorpresa è arrivata quando siamo entrati nella caffetteria Stories, il locale che Alessio gestisce con la sua compagna russa Margot.
Non è un bar qualunque. È uno spazio in cui ogni tazzina, ogni sedia, ogni piastrella sembra avere un’origine e un ricordo.
Muri con fotografie in bianco e nero, fotografie ricercate.
La miscela del caffè è forte, densa, quasi scura come la terra che abbiamo attraversato.
Ci ha servito dolci fatti in casa: torte morbide con marmellata di bacche, tortine di grano saraceno e pane appena sfornato. Pane caldo e salmone selvaggio… uova e cetrioli che in Russia non mancano mai!
Un tavolo vicino alla finestra dava sul piazzale, dove i nostri mezzi potevano riposare, protetti e visibili.
Alessio ci ha raccontato delle sue mattine russe: sveglie al gelo, il silenzio che si riempie di passi e voci.
Ha parlato del freddo che entra nelle ossa, della burocrazia che rallenta ogni idea, delle piccole vittorie quotidiane: ottenere un permesso, ricevere un pacco, ricavare un gesto di gentilezza da uno sconosciuto.
La clientela è mista: locali che passano per un tè, giovani che studiano con i portatili, viaggiatori che restano ore a chiacchierare.
Finalmente un caffè italiano come si deve! E se lo dice uno che di cognome si chiama LAVAZZA, dovete crederci.