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  >  Alfio Lavazza   >  Verso il Gobi desert

La nostra “location” si dimostra spaziale anche al risveglio: mandria di cavalli allo stato brado brucano sotto le nostre tende.

Avevamo lasciato il Giappone dove parcheggiando e facevamo campo nei parcheggi, bordo strada… ora è veramente un piacere potersi piazzare dove più credi sia fattibile.

Riprendiamo la pista, numerose parallele…, che si dirigono verso Mandalagovi.

La pista, o le piste, sono su suolo duro con steppa verde. Siamo nel periodo delle piogge ma al momento non ne prendiamo… anzi direi che la meteo ci sta graziando!

Le temperature si aggirano dai 24 ai 14 di notte. Al momento non accendiamo i riscaldatori.

Incontriamo quella che doveva essere una miniera di carbone. Ci sono anche delle caldere attive. La miniera è ormai abbandonata… Restano strutture e logistica, per il resto tutto simil ghist town.

Saltiamo sull’asfalto e via verso Dalandsadgad. Quello che era un quasi fantastico catrame lascia il posto alle piste laterali con  un traffico pesante e leggero. Alla fine si gareggia un pò coi pullman, van e macchinine! La lotta è non farsi riempire di polvere. Ovviamente il senso di marcia non è regolametato: ognuno prende la pista che gli piace e spera di essere il solo.

La deviazione ci porta verso sud-est. C’è un piccolo canion formatosi dall’erosione della terra che non è esattamente roccia… simile conformazione l’avevamo trovata nel deserto di Tatacoa in Colombia.

Super gettonato e pieno di giovani cinesi lo smarchiamo!

Dobbiamo fare campo: qual meglio posto che piazzarsi sotto ai pinnacoli? Avevamo dei pomodorini da far fuori e facciamo il test della pasta di produzione mongola.

Trovo anche il tempo per una doccetta e sostituire un gommino che sporcata un cerchione di grasso.

Il cielo si è coperto ma non pioverà.

I turisti se ne vanno, restano due fuoristrada e due coppie di italiani nel silenzio più assordante.

Utaan Suvraga.

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